Invidio, fin da piccolo. Invidiavo l’avo che da piccolo si faceva grande. Invidiavo chi, in prima elementare sapeva la tabellina dell’8, chi si portava la merenda dal ristorante, chi rispondeva assente all’appello, chi aveva il papà che suonava la campanella, chi la mamma bidella, chi aveva la gomma metà bianca per la matita, metà blu per la penna e metà rossa per il pennarello. Invidiavo chi veniva accompagnato in macchina e, dopo aver fatto scendere il papà, se ne andava in giro con il foglio rosa, se femminuccia, azzurro se maschietto. Invidiavo chi aveva il grembiule nero, chi aveva il grembiule bianco e chi bianconero. Invidiavo chi aveva la cartella per le cartellate durante la ricreazione e l’astuccio con 32 scomparti e 356 matite colorate, la penna con sette colori e il compasso con due punte. Invidiavo, al liceo, chi sapeva a memoria l’inizio della Divina Commedia, l’inferno. Invidiavo chi all’Università,facoltà di Filosofia, si faceva bello alle lezioni d’estetica. Invidiavo anche quello che ha distribuito i pani e i pesci e quando la Guardia di Finanza gli ha chiesto di esibire la fattura ha detto: Miracolo.
Invi dio.